Una lettura per il Venerdì Santo (dopo la Via Crucis).
Un brano che ho elaborato in italiano corrente, scelto da un libro a me caro, scritto da una pia donna francese e tradotto in italiano più di cento anni fa per i restauri della chiesa della Maddalena.
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Le croci di Dio, scriveva San Francesco di Sales alla santa di Chantal, sono dolci e piene di consolazioni, purché vi si muoia sopra come il Salvatore. «Coraggio dunque, mia cara figlia, moriamoci, se Egli lo prevede… E purché il nostro spirito di fede sia costante, lasciamo andare tutto a rovescio e moriamo con coraggio. Quando tutto in noi morisse, purché Dio ci viva, che importa?»
Gesù ci ha conservato in vita fino ad ora per farci patire e morire con lui sulla croce. Preghiamo: e la sua grazia che ci aiutò sempre, senza che noi ce ne rendessimo conto, ci sosterrà sino alla fine. Anche se sulla nostra croce noi non soffrissimo con gioia, restiamoci almeno con pazienza e con rassegnazione fino alla morte: uno sguardo a Gesù crocifisso ci otterrà forza e coraggio per morire uniti al nostro Salvatore. Perseveriamo nella preghiera e otterremo nelle nostre croci una grandezza d’animo uguale a quella che Dio concesse a San Timoteo e alla sua consorte Santa Maura, crocifissi l’uno in faccia all’altro. Subirono una morte lenta incontrando dolorosamente gli sguardi, nello spettacolo dei loro tormenti. E loro, per il tempo che quell’agonia durò, soffrirono con la speranza del Cielo.
Quando la croce si avvicina, diciamo ciò che disse un ufficiale giapponese condannato ad essere crocifisso: «lodato sia sempre Gesù Cristo, che si degna chiamare a sé con la croce un peccatore come me!»
Contro certi dolori, persino i mezzi della scienza umana sono impotenti; una volta che comincia la dissoluzione degli organi della vita, i medici non possono far altro che guardarci morire. Non è meglio prendere questi dolori quali mezzi che Dio si serve per guarire le nostre anime, o per affrettare la nostra santificazione? La nostra ultima malattia ci attaccherà più che mai alla croce: ma dopo aver vissuto tutta la vita con Gesù Cristo in una costante agonia, noi , per essergli simile, non avremo altro che da offrirgli la nostra ultima agonia, e come Lui, rimettere la nostra anima nelle mani dell’eterno Padre.
Allora, dice S. Giovanni Crisostomo, «non avrete più che un passo da fare per entrare nel Paradiso; un passo dritto e senza ostacolo, poiché l’amor proprio non c’è più, quando rendiamo l’ultimo respiro».
Viviamo e moriamo sulla croce, come Gesù per amore nostro visse e morì sulla Croce.
Di Linda Manfredini, “mamma” del Cartafaccio.
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