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L’ingratitudine

Per la settimana Santa vi propongo un brano che ho elaborato in italiano corrente, scelto da un libro a me caro, scritto da una pia donna francese e tradotto in italiano più di cento anni fa per i restauri della chiesa della Maddalena.

Il Signore, che ci creò perché ricevessimo i suoi benefici, ha formato il nostro cuore alla riconoscenza. Ecco perché l’ingratitudine, così comune, ci fa tanto soffrire.

Non ci si abitua a vedere le nostre buone opere ricevute con indifferenza, a non essere mai ringraziati di cuore, e ancora meno a vedersi ripagati con cattivi comportamenti. Il debito della riconoscenza è un tale atto di giustizia verso gli uomini, come verso Dio, che i santi stessi non poterono non sentirne vivamente l’ingratitudine.

                San Giovanni della Croce al vedere, tra gli abitanti di Xérès, quelli che avevano ricevuto maggiori benefici unirsi, ingrati, alla voce dei suoi detrattori, sentì quel colpo così profondamente che se ne lamentò col Signore. Ma Gesù per sollevarlo al disopra di quella personale sensibilità, gli disse: “io fui confitto in croce dai miei stessi amici, da quelli che riscattavo col mio sangue; e ti stupisci di dover soffrire delle persecuzioni da nulla da parte di uomini indifferenti?”

                Ci dobbiamo persuadere di questo: siamo noi gli ingrati verso il Signore!

Così impareremo a essere calmi nel ricevere le prove dell’ingratitudine, della pena pungente che specialmente ci arriva dalle persone a noi più care. Non c’è cosa che ci dia maggior pena come vedere i nostri sforzi e la nostra tenerezza non essere affatto riconosciuti. Ma se ognuno ci rendesse fedelmente ciò che ci deve, come sapremo noi quanto abbiamo fatto – e forse facciamo ancora, soffrire il Cuore di Gesù? Dio ci castiga con l’ingratitudine degli uomini, della nostra verso di lui. È questo il pensiero che fa tacere i lamenti di un cuore trafitto.

                Una donna che non aveva figli adottò una piccola orfanella che prese all’età di due anni, avendo amorevolmente cura di lei. Forse, perciò, un po’ fu anche questo a guastarla, o la piccola non era dotata di un animo delicato. Il fatto è che una volta divenuta una ragazza non adempì ai suoi doveri di figlia verso la madre adottiva, facendola soffrire crudelmente.

Quella donna dal cuore grande riconobbe in questa prova una lezione provvidenziale, e non cessò di mostrare sempre una viva tenerezza alla figlia ingrata, che arrivò addirittura a rifiutarle persino un abbraccio sul letto di morte, andandosene. Questo ultimo comportamento finì di staccare la moribonda dalla terra.

“Mio Dio, disse quella madre con le lacrime agli occhi – al pensiero che quel triste incontro sarebbe stato l’ultimo…, perdonatemi di aver fatto soffrire io di più il Cuor Vostro che non soffra io stessa”. E, non mancò di lasciare una considerevole fortuna alla figlia adottiva.

                Facciamo così anche noi ad ogni afflizione, che ci trafigge il cuore, pensando a quelle che abbiamo lanciato contro il Cuore di Gesù, lasciando scivolare via il pensiero dalla condotta degli uomini con noi. Pensiamo, piuttosto, a ciò che il Signore può avere da rinfacciarci.    

Di Linda Manfredini, “mamma” del Cartafaccio.

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