Antonio Signorato si racconta
Credo che raccontare sé stessi sia una delle cose più difficili che si possano fare, perché si rischia sempre di essere troppo lusinghieri. O di esserlo troppo poco.
In ogni caso, tenterò lo stesso.
Mi chiamo Antonio Signorato, ho trentun
anni e scrivo dalla Sicilia.
Sono un semplice impiegato d'ufficio
con tre grandi passioni, un sogno nel cassetto e una timida speranza.
Il mio lavoro è quanto di più
monotono possa esserci, ma questa cosa non mi dispiace affatto, anzi, la trovo
molto confortante. Forse perché anch'io, in effetti, sono un po' monotono.
Oltre al calcio, che è il mio grande
amore, le altre due passioni sono la letteratura e la storia.
Sì, il calcio! Per molti è solo uno
stupido gioco, una vetrina per dive vanitose che guadagnano milioni inseguendo
un pallone.
Non posso negare che, sotto molti
aspetti, sia proprio così.
Per me, tuttavia, il calcio non è
questo, e non è neppure "soltanto" lo sport più bello del mondo... è
una vera e propria fonte di metafore sulla vita.
Ne prendo in prestito una per
descrivermi un po' meglio.
Non quella dell'attaccante
brasiliano, però! Gli attaccanti carioca sono veloci, funambolici, estrosi...
non mi si addice affatto come metafora!
Non va bene neppure quella del
portiere dai riflessi felini, o del difensore elegante e intelligente...
Ecco, ci sono!
La metafora giusta per me è quella
del mediano: ha i piedi più grezzi della roccia, un passaggio lungo non
lo azzeccherà in tutta la carriera, ma corre, suda e si impegna per quattro.
Lui è sempre lì e la squadra, in definitiva, ha bisogno anche di quelli come
lui!
La passione per la letteratura,
invece, è un'estensione del mio amore per i libri e per la scrittura, nato
quando ero ancora molto piccolo e cresciuto insieme a me, di pari passo con la
mia timidezza.
Per un ragazzo con qualche
difficoltà di socializzazione, una penna e un foglio bianco possono diventare
due strumenti molto utili!
Negli anni della mia adolescenza,
infatti, ho imparato che la carta sapeva ascoltare meglio dei miei coetanei e
che l'inchiostro fluiva più spedito della mia lingua.
Da allora non ho mai smesso di
scrivere, anche se in massima parte per me stesso.
E non ho mai smesso di leggere.
Il mio autore preferito, giusto per
confermare la mia monotonia, oltre che qualche stereotipo su certi ambienti
cattolici, è J. R. R. Tolkien, il papà de "Il Signore degli anelli".
Anche se, per essere onesti, il mio
libro preferito, quello che mi ha cambiato la vita, è "Il trattato della
vera devozione a Maria Vergine" di San Luigi Maria Grignion de Montfort.
È una lettura che tutti dovrebbero
fare: istruttiva ed estremamente consolante.
In questo senso, una delle
esperienze più importanti della mia vita è stata quella vissuta al liceo
classico della mia città.
Cinque anni passati a studiare, fra
le altre cose, letteratura, storia, filosofia ed arte, sono stati altamente
istruttivi.
Non solo per le nozioni che mi hanno
trasmesso, cosa comunque molto importante, ma anche per la forma mentis che
gli studi classici conferiscono.
Mi sento fortunato ad aver fatto
questa esperienza, nonostante tutti i limiti e tutte le problematiche che la
scuola pubblica si porta appresso, oggi più di ieri.
Inoltre, quegli anni sono stati
fondamentali per lo sviluppo del mio amore per le lettere.
Durante l'ultimo biennio, poi, ebbi
la possibilità di partecipare, per due volte, ad un concorso letterario indetto
dal Movimento per la Vita Italiano.
La prima volta inviai un piccolo
elaborato dal titolo "Matrimonio: frainteso e abbandonato", in cui
cercavo di interrogarmi sul perché l'istituzione matrimoniale fosse, già
allora, così profondamente in crisi, specie agli occhi delle giovani
generazioni.
C'è un passaggio che, a rileggerlo
con occhi più adulti, trovo molto interessante.
«Amare vuol dire scegliere con
intelligenza e libertà, la quale può dirsi tale solo se è indipendente dalla
schiavitù delle passioni».
La cosa che mi colpisce di questo
passaggio è la presenza, nella mia mentalità di adolescente, di un concetto
tanto profondo, nonostante vivessi abbastanza lontano dalla pratica cattolica.
È la prova che Dio ci parla
costantemente, anche quando non Lo ascoltiamo con attenzione.
L'altro testo, invece, era un
elaborato che aveva per titolo: "Europa: contraddizione da
risolvere".
Anche qui, c'è una frase che, a
rileggerla oggi, mi lascia abbastanza sorpreso...
«L'Europa costituisce la più grande
contraddizione della storia».
Quello che mi premeva sottolineare
con queste parole era che, accanto all'Europa che si proclamava paladina dei
diritti, delle libertà e delle conquiste civili, ce n'era un'altra che negava
il diritto più elementare: quello alla vita.
Lo scrissi dodici anni fa, eppure
sembra scritto ieri: segno che i problemi di allora, lungi dal risolversi, si
sono semmai aggravati.
Rileggendo questi testi vi ho
ritrovato tutto il mio amore per la scrittura nella sua forma primordiale,
tutto "l'ardore" della gioventù, certo ancora pesantemente
influenzato da un modo di pensare un po' ingenuo, ma comunque pieno di
determinazione.
Cosa che invidio decisamente al
giovane me stesso.
Entrambi gli elaborati furono
selezionati, assieme ad altri, per la vittoria di un premio molto speciale: la
partecipazione al seminario estivo "Vittoria Quarenghi".
Si tratta di un evento che il MPV
organizza ogni anno, una vacanza studio in cui si affrontano le principali
tematiche pro-life. E in cui ci si diverte parecchio, cosa che non guasta di
certo.
Ancora oggi conservo i ricordi di
quelle due esperienze tra i più cari della mia vita.
Incontrai molte persone, feci
diverse amicizie, ascoltai un gran numero di conferenze, tutte molto
interessanti e formative, ma soprattutto, e fu una cosa davvero molto
importante all'epoca, mi resi conto che non ero "solo" al mondo, che
intorno a me c'erano altri pro-life, altra gente che condivideva quegli stessi
valori che credevo estinti.
Fu in quel periodo, e in seguito a
quelle esperienze, che iniziai il mio impegno come volontario per il Movimento per
la Vita, che durò per qualche anno ed è una delle cose di cui vado più fiero.
La terza passione, infine, la
storia, è frutto dell'entusiasmo contagioso di mio fratello.
Non che io sia un esperto del
settore, ma amo leggere e ascoltare chi questo campo lo studia in maniera
approfondita, perché ci si rende conto, a ben guardare, che veramente la storia
può essere considerata Magistra vitae.
Il sogno nel cassetto è quello di
approfondire gli studi in questi settori, non solo privatamente, come già
faccio, ma anche a livello universitario, cosa che non ho mai avuto modo di
fare (almeno, non in questi ambiti).
Certo, la carta d'identità gioca un
po' a mio sfavore, ma ho imparato che non bisogna mai darsi per vinti!
Se Dio lo vorrà, si farà!
Quanto alla timida speranza, di
quella parlerò dopo. Prima vorrei raccontare quella che, a tutti gli effetti, è
la svolta più importante della mia vita: l'incontro con la Messa "di
sempre".
Qualche anno fa, nel bel mezzo di un
periodo non molto semplice, in cui obiettivi, speranze e motivazioni facevano a
gare per nascondersi ai miei occhi, dopo un lungo travaglio interiore e spinto
da mille provvidenziali circostanze, ebbi l'occasione di assistere per la prima
volta al rito "antico", la cosiddetta "Messa in latino".
Dinanzi al Santo Sacrificio
dell'Altare, ho scoperto e ri-scoperto la Fede.
Ri-scoperto perché, in effetti, sono
sempre stato Cattolico, anche se "a modo mio".
Scoperto perché, per la prima volta,
mi resi davvero conto di quanto fosse profonda la mia ignoranza nelle cose di
Dio e di quanto fosse triste la mia indifferenza verso di Lui.
Ebbe così inizio quella profonda
riforma di vita che tutti, in un modo o nell'altro, siamo chiamati a compiere e
che durerà, con l'aiuto di Dio, per il resto dei nostri giorni.
A dire il vero, sono rimasto lo
stesso "mediano" di prima, e semmai, in considerazione delle grazie
che ho ricevuto, la mia ignoranza è cresciuta, invece che diminuita!
Ma un conto è camminare da soli,
altro conto camminare seguendo le vie del Signore: fa tutta la differenza del
mondo!
Questo cambiamento così importante
non poteva non incontrarsi con il mio amore per la scrittura.
Scrivere per me stesso, scrivere di
me stesso, non mi sembrava più sufficiente. Non mi sembrava giusto. Sentivo che
anche questo lato della mia vita andava incluso nella riforma di cui parlavo
prima.
Nacque lì il desiderio di mettere
Dio al centro anche in questo campo.
L'obiettivo, chiaramente, non era (e
non è) quello di insegnare qualcosa a qualcuno, perché poco o nulla ho da
insegnare a chicchessia, bensì quello di condividere tutti quei piccoli aspetti
della Fede che, con lo stupore di un bambino, ho la grazia di osservare nella
mia quotidianità.
Un megafono: questo vorrei essere.
Un megafono per tutte quelle letture
spirituali, per tutte quelle vite dei Santi, per tutte quelle considerazioni,
cattolicamente orientate, che riempiono i miei giorni.
Un megafono, in definitiva, per
tutte quelle voci infinitamente più importanti della mia che, per mille diversi
motivi, non riescono a raggiungere le masse annoiate del nostro tempo.
Ed è questa la timida speranza di
cui parlavo: quella di poter, nonostante la mia indegnità, servire Dio per
mezzo della scrittura.
Questa speranza e questo impegno,
pongo nelle mani della Beata Sempre Vergine Maria, di San Giuseppe Suo
Castissimo Sposo e di Sant'Antonio Abate.
Come sempre e come tutto, a lode e
gloria di Dio Onnipotente.
Antonio Signorato